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Giuseppe Garibaldi (1807-1882) rimane una figura celebre principalmente per le sue imprese militari durante il Risorgimento italiano, eppure la sua vita personale fu ugualmente segnata da avventura, relazioni profonde e aderenza a valori personali radicati. Nato in una famiglia legata al mare, la sua giovinezza come marinaio e il successivo esilio in Sud America forgiarono il suo carattere e lo condussero alla sua relazione personale più significativa con Anita Ribeiro da Silva. La vita e la morte di lei plasmarono profondamente la sua. Dopo anni di attività rivoluzionaria e ulteriore esilio, Garibaldi alla fine si ritirò a una semplice esistenza contadina sull’isola di Caprera, una vita forse più riflesso della sua natura fondamentale di quanto la sua fama globale suggerisse.
Riassunto
- Garibaldi nacque a Nizza, in una famiglia di commercianti e pescatori costieri.
- Trascorse oltre un decennio come marinaio, diventando capitano mercantile.
- Dal 1836 al 1848 visse in esilio in Sud America dopo un ammutinamento fallito.
- Lì incontrò e fuggì con Anita Ribeiro da Silva, la sua compagna d’armi.
- Anita e Garibaldi si sposarono a Montevideo nel 1842. Ebbero quattro figli.
- Nel 1849, durante una ritirata militare in Italia, visse la tragica morte di Anita.
- Nel 1860 ebbe un breve matrimonio con Giuseppina Raimondi, che fu annullato.
- Garibaldi trascorse i suoi ultimi anni coltivando la terra sull’isola di Caprera.
- Nel 1880 sposò la sua compagna di lunga data Francesca Armosino, legittimando i loro tre figli.
- Garibaldi era noto per la sua natura semplice e buona, l’onestà e la capacità di ispirare lealtà.
- Morì a Caprera nel 1882.
Contesto familiare e prima infanzia (1807-1834)
Giuseppe Garibaldi nacque come Joseph-Marie Garibaldi il 4 luglio 1807 a Nizza, allora parte del Primo Impero francese. I suoi genitori, Giovanni Domenico Garibaldi e Maria Rosa Nicoletta Raimondo, appartenevano alla comunità locale degli italiani nizzardi, e la famiglia viveva di pesca e commercio costiero. Il giovane Giuseppe sentì presto il richiamo del mare, resistendo al desiderio della madre che entrasse in seminario e intraprendendo invece la vita di mare a 15 anni. Trascorse oltre dieci anni come marinaio, ottenendo infine il certificato di capitano mercantile nel 1832.
Intorno al 1833-1834, mentre prestava servizio nella marina del Regno di Piemonte-Sardegna, Garibaldi incontrò le idee che avrebbero plasmato le sue convinzioni politiche. Incontrò i seguaci di Giuseppe Mazzini, l’influente sostenitore del nazionalismo italiano, e assorbì il pensiero socialista del pensatore francese, il conte de Saint-Simon. Questo risveglio ideologico portò presto all’azione. Nel 1834, Garibaldi partecipò a un ammutinamento in Piemonte con l’intento di scatenare una rivoluzione repubblicana. Il complotto fallì, costringendolo a fuggire in Francia; un tribunale genovese lo condannò successivamente a morte in contumacia.
Esilio in Sud America (1836-1848)
Costretto all’esilio, Garibaldi visse in Sud America dal 1836 al 1848, un periodo di intensi sconvolgimenti nel continente che influenzò profondamente il suo sviluppo come leader militare e plasmò la sua vita personale. Si offrì volontario come capitano di marina per la Repubblica Riograndense durante il suo tentativo fallito di separarsi dall’Impero brasiliano. Fu durante queste avventure spesso strazianti per terra e per mare che incontrò Anna Maria Ribeiro da Silva, conosciuta come Anita. All’epoca era sposata, ma Garibaldi ne fu immediatamente affascinato, si dice che le abbia sussurrato al primo sguardo: “Tu devi essere mia”. Anita lasciò il marito e si unì a Garibaldi nell’ottobre 1839, diventando rapidamente la sua “compagna d’armi”, combattendo al suo fianco in battaglia nel giro di un mese.
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Anita possedeva un carattere notevole, descritto da uno dei compagni di Garibaldi come “un amalgama di due forze elementari… la forza e il coraggio di un uomo e il fascino e la tenerezza di una donna”. Abile cavallerizza, si dice che abbia insegnato a Giuseppe la cultura gaucho delle pianure sudamericane. Era anche nota per il suo sarcasmo e la sua natura ostinata. La loro relazione era passionale, anche se non priva di conflitti, in parte a causa della reputazione di donnaiolo di Garibaldi. Dopo diverse sconfitte militari per la repubblica del Rio Grande, Garibaldi decise di lasciare il suo servizio. Nel 1841, lui, Anita e il loro primo figlio intrapresero un lungo viaggio a piedi dal Brasile a Montevideo, in Uruguay, guidando una mandria di bestiame.
A Montevideo, Garibaldi tentò brevemente la vita civile come commesso viaggiatore e insegnante, ma la trovò insoddisfacente. Sposò Anita a Montevideo il 26 marzo 1842. Ebbero quattro figli insieme: Domenico Menotti (nato nel 1840 in Brasile, con una deformità cranica dovuta a una caduta da cavallo di Anita durante la gravidanza), Rosita (nata nel 1843 a Montevideo, morta nel 1845), Teresa Teresita (nata nel 1845 a Montevideo) e Ricciotti (nato nel 1847 a Montevideo). Garibaldi tornò presto alla vita militare, assumendo il comando della marina uruguaiana e in seguito della Legione Italiana a Montevideo, la prima delle sue famose “Camicie Rosse”.
Ritorno in Italia: Vita familiare tra i tumulti (1848-1860)
La notizia delle rivoluzioni del 1848 in Europa spinse Garibaldi a tornare in Italia, cercando di contribuire alla causa dell’unificazione italiana. Anita lo accompagnò, insieme ai membri della sua Legione Italiana. Continuò a essere la sua compagna d’armi, combattendo al suo fianco durante la Prima Guerra d’Indipendenza Italiana e in particolare durante la difesa della breve Repubblica Romana nel 1849 contro le forze francesi che cercavano di ripristinare il potere papale.
La caduta di Roma nel giugno 1849 portò a una ritirata pericolosa per Garibaldi e i suoi seguaci. Anita, incinta del loro quinto figlio e affetta da malaria, insistette per accompagnarlo. Le sue condizioni peggiorarono rapidamente e morì tra le braccia di Garibaldi il 4 agosto 1849, vicino a Comacchio. Il suo corpo dovette essere sepolto frettolosamente e fu successivamente profanato. La morte di Anita fu una perdita profonda per Garibaldi; ella rimase una presenza potente nella sua memoria per il resto della sua vita. È famoso il fatto che indossasse la sua sciarpa a righe durante le sue campagne e, anni dopo, mentre viaggiava in Perù, cercò Manuela Sáenz, la compagna esiliata di Simón Bolívar, forse riflettendo sulla propria perdita di una partner rivoluzionaria. La profondità del suo legame con Anita, forgiato nel pericolo condiviso e nell’impegno per una causa, stabilì uno standard unico di collaborazione nella sua vita.

Affrontando un nuovo esilio dopo la morte di Anita, Garibaldi viaggiò di nuovo, trascorrendo un periodo di tranquillità a Staten Island, New York, intorno al 1850-1854. Visse come ospite dell’inventore italiano Antonio Meucci, e i due uomini lavorarono per un certo periodo alla produzione di candele. Tornò anche brevemente alla vita di mare. Riammesso in Italia nel 1854, usò i fondi raccolti per acquistare metà della piccola isola di Caprera, al largo delle coste della Sardegna, nel 1855, stabilendo il luogo che sarebbe diventato la sua dimora definitiva.
Nel gennaio 1860, Garibaldi contrasse un altro matrimonio, sposando Giuseppina, la giovane figlia del Marchese Raimondi. Tuttavia, l’unione durò solo poche ore. Dopo aver scoperto subito dopo la cerimonia che era incinta di cinque mesi, quasi certamente di uno dei suoi ufficiali, Garibaldi la abbandonò. Questo episodio disastroso, in netto contrasto con il profondo legame che condivideva con Anita, si concluse con un lungo processo per ottenere l’annullamento, che fu finalmente concesso vent’anni dopo.
Ultimi anni a Caprera (1860-1882)
Dopo la sua famosa campagna del 1860 che liberò la Sicilia e Napoli, Garibaldi incontrò il re Vittorio Emanuele II vicino a Teano e consegnò le sue conquiste per il bene dell’unità d’Italia. Fedele al suo carattere, rifiutò titoli, terre o ricompense monetarie, scegliendo invece di ritirarsi nella sua casa sull’isola di Caprera. Tornò sull’isola, secondo quanto riferito, portando con sé solo provviste semplici: un sacco di sementi, tre cavalli e una balla di stoccafisso.
La vita a Caprera rifletteva il lato più semplice di Garibaldi, in contrasto con la sua fama internazionale di eroe sgargiante. Si dedicò all’agricoltura, coltivando campi e frutteti, piantando alberi e allevando animali, tra cui polli, pecore, cavalli (come la sua giumenta bianca, Marsala) e asini chiamati umoristicamente con i nomi dei suoi nemici politici. Ampliò la sua semplice casa, costruita con stanze comunicanti attorno a un corridoio centrale, creando una piccola comunità autosufficiente con un forno, un mulino a vento e stalle. Sua figlia Clelia descrisse in seguito questo periodo di colonizzazione nelle sue memorie, “Mio padre”. Nonostante il suo ritiro, gli ammiratori continuarono a inviare doni e a compiere pellegrinaggi sull’isola. Questo ritorno a una vita semplice e contadina sembra rappresentare più di un semplice pensionamento. Era l’incarnazione dei suoi valori fondamentali di semplicità e autosufficienza, forse alimentata da una crescente disillusione nei confronti delle realtà politiche dell’Italia appena unificata.

Nel 1865, Garibaldi assunse Francesca Armosino, una donna piemontese, per aiutarlo a prendersi cura della figlia Teresita, che era malata. Francesca divenne la sua compagna di lunga data a Caprera. Ebbero tre figli insieme: Clélia (nata nel 1867), Rosa (nata nel 1869, morta nel 1871) e Manlio (nato nel 1873). Dopo aver finalmente ottenuto il decreto di nullità del suo matrimonio con Giuseppina Raimondi, Garibaldi sposò Francesca nel 1880, legittimando i loro figli. Questa successiva e stabile relazione, radicata nella vita domestica e nel sostegno reciproco durante i suoi anni di declino, fornì un diverso tipo di compagnia rispetto alla partnership rivoluzionaria che aveva condiviso con Anita.
Garibaldi trascorse i suoi ultimi anni in gran parte a Caprera, sebbene rimase interessato agli affari politici e fu eletto al parlamento italiano. Soffrì sempre più di reumatismi e degli effetti di vecchie ferite, diventando infine storpio. Nonostante ricevesse una pensione statale dal 1876, si dice che vivesse in relativa povertà. La sua ultima stanza fu disposta in modo che il suo letto fosse rivolto verso la finestra, permettendogli una vista del mondo esterno. Giuseppe Garibaldi morì nella sua casa di Caprera il 2 giugno 1882, un mese prima del suo 75° compleanno.
Carattere e convinzioni personali di Giuseppe Garibaldi
Le descrizioni di contemporanei e storici dipingono Garibaldi come un uomo di natura semplice e buona, amabilità e onestà trasparente, capace di ispirare profonda lealtà. Agiva con convinzione appassionata ed entusiasmo sconfinato. Il suo spirito avventuroso era evidente fin dalla giovinezza. Era noto per il suo coraggio in battaglia e per un acuto senso del drammatico, esemplificato dalla sua adozione della camicia rossa come marchio di fabbrica. Fisicamente, era descritto come di bell’aspetto e atletico, con un modo affascinante e un debole per i vestiti sgargianti. Le sue convinzioni fondamentali erano incentrate sulla liberazione dei popoli oppressi, in particolare sull’unificazione e l’indipendenza dell’Italia sotto ideali repubblicani, fortemente influenzati da Mazzini. Mostrò anche interesse per riforme sociali più ampie, come l’emancipazione delle donne. Sebbene inizialmente spinto dall’idealismo, in seguito espresse infelicità per il governo del regno unificato.
Conclusione
La vita di Giuseppe Garibaldi ha compreso avventura marittima, fervore rivoluzionario, esilio e profonde connessioni personali. La sua relazione con Anita Garibaldi si pone come elemento centrale, una partnership forgiata in ideali e pericoli condivisi, la cui perdita ha lasciato un segno indelebile. Il suo disastroso secondo matrimonio mise in luce la natura unica del suo legame con Anita. I suoi ultimi decenni a Caprera con Francesca Armosino e i loro figli rappresentarono un ritorno alla semplicità e all’autosufficienza, valori profondamente radicati nel suo carattere che forse fornirono conforto dalla disillusione politica. In definitiva, il percorso privato di Garibaldi, segnato da un impegno appassionato, perdite personali e un’onestà duratura, rivela un uomo i cui valori e relazioni personali furono tanto determinanti quanto le sue celebrate imprese pubbliche.
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